PERCHÉ IL RADON È PERICOLOSO?

Il Radon è radioattivo, ma essendo un gas nobile, è poco reattivo chimicamente: generalmente viene espulso dall’organismo prima di decadere.

​​​​Il vero pericolo sono i suoi prodotti di decadimento (i “figli”), anch’essi radioattivi, che si fissano al pulviscolo atmosferico e quindi irraggiano il tessuto polmonare e bronchiale dove tale pulviscolo viene immesso tramite la respirazione.

Il DNA delle cellule colpite può essere danneggiato e se i meccanismi di riparazione cellulare non sono sufficienti, si può sviluppare, anche a distanza di anni, un tumore polmonare.

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Gli studi epidemiologici relativi a lavoratori di miniere d’uranio (gruppo di persone particolarmente esposto al radon) hanno dimostrato la correlazione tra esposizione al radon e tumore polmonare.

L’esposizione al radon non provoca con certezza l’insorgere della patologia, ma produce un incremento della probabilità che essa si manifesti: l’incremento è proporzionale alla concentrazione di radon presente negli ambienti di vita e di lavoro frequentati da un individuo, ma anche alla durata di tale esposizione, che per essere significativa, deve essere prolungata (diverse ore al giorno, per molti anni).

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L’Organizzazione Mondiale della Sanità considera il Radon un agente cancerogeno, il secondo maggiore responsabile del tumore polmonare dopo il fumo, con il quale agisce in sinergia: gli effetti di questi due agenti cancerogeni non si sommano semplicemente, ma si moltiplicano!

Non è stata invece dimostrata alcuna correlazione fra esposizione al radon ed altre patologie e il consumo di acque ricche di radon risulta non essere correlato con tumori allo stomaco o con altre patologie a carico dell’apparato digerente.

LIVELLI DI RIFERIMENTO

La concentrazione di radon in aria si misura in Bq/m3 (Becquerel per metro cubo).

All’aria aperta, vicino al suolo, si possono misurare valori intorno a 10 Bq/m3, mentre in ambienti chiusi si possono raggiungere concentrazioni elevate, fino a migliaia di Bq/m3.

Ma qual è il valore ideale?

Dato che non è possibile avere in ambienti confinati una concentrazione di radon pari a zero, e quindi nemmeno azzerare il corrispondente rischio di tumore polmonare, sono stati stabiliti dei livelli di riferimento che corrispondono a un rischio ritenuto accettabile.

Livelli di riferimento per ambienti di lavoro

Gli ambienti di lavoro sono soggetti alla normativa nazionale attualmente in vigore: D. Lgs. 230/1995 (come modificato dal D.Lgs. 241/2000) “Attuazione della direttiva 96/29 EURATOM in materia di protezione sanitaria della popolazione e dei lavoratori contro i rischi derivanti dalle radiazioni ionizzanti”, il capo III-bis considera l’esposizione dei lavoratori o del pubblico a sorgenti di radioattività naturale, tra cui il radon e richiede il controllo e il contenimento della concentrazione di radon nei seguenti luoghi di lavoro:

  • Tunnel, sottovie, catacombe, grotte, locali sotterranei
  • Altri ambienti di lavoro situati in “zone a rischio radon”
  • Stabilimenti termali

Il decreto stabilisce inoltre che la concentrazione media annua negli ambienti (1) e (2) deve essere inferiore a 500 Bq/m3.

Le modalità di esecuzione delle misure previste dalla normativa sono descritte nel documento Linee guida per le misure di concentrazione di radon in aria nei luoghi di lavoro sotterranei emanate dalla Conferenza dei Presidenti delle Regioni e delle Province Autonome nel 2003.

Le misure devono essere di durata annuale.

Livelli di riferimento per abitazioni

Per le abitazioni, non trattate dalla normativa nazionale, finora è stata assunta come riferimento la Raccomandazione CEE n° 90/143 del 21/2/1990 “Tutela della popolazione contro l’esposizione al radon in ambienti chiusi”, che suggerisce 400 Bq/m3 come limite d’intervento per edifici già esistenti 200 Bq/m3 come limite di progetto per nuove costruzioni.

Ma la normativa è in evoluzione e tiene in considerazione i progressi delle conoscenze scientifiche degli ultimi decenni; è stata infatti recentemente pubblicata la Direttiva 2013/59/EURATOM che stabilisce “norme fondamentali di sicurezza relative alla protezione contro i pericoli derivanti dall’esposizione alle radiazioni ionizzanti” unificando tutte le direttive europee in materia di radioprotezione.

Una delle principali novità della direttiva è l’indicazione agli stati membri di adottare livelli di riferimento inferiori a 300 Bq/m3 per i luoghi di lavoro e per le abitazioni.

​​​​​​IL RADON IN ITALIA

Negli anni ’90 è stata realizzata una campagna di misura nazionale per valutare l’esposizione al radon della popolazione italiana.

Le misure sono state condotte per un anno, in alcuni comuni di ogni regione, in un totale di circa 5000 abitazioni situate a diversi piani.

La media annuale nazionale della concentrazione di radon è risultata pari a 70 Bq/m3, superiore a quella mondiale che è stata stimata intorno a 40 Bq/m3.

Nel 4,1 % delle abitazioni si è misurata una concentrazione superiore a 200 Bq/m3, e nello 0.9% una concentrazione superiore a 400 Bq/m3.

I risultati sono mostrati nella figura, dove le regioni sono diversamente evidenziate in funzione del valor medio delle concentrazioni misurate. Si può notare come in Lombardia, così come nel Lazio, siano state riscontrate le più elevate concentrazioni di radon; seguono il Friuli Venezia Giulia e la Campania.

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​​​​​​​COME FARE PER..

Come fare per ridurre la concentrazione di radon indoor?

Premesso che, almeno provvisoriamente, può essere sufficiente la ventilazione degli ambienti, che consente la diluizione del gas, l’ingresso e la concentrazione del radon negli ambienti confinati si possono ridurre mediante varie tecniche, dove possibile associate tra loro:

  • Posa di membrane impermeabili al radon
  • Sigillatura di giunti, crepe, fessure, tubazioni
  • Chiusura di condotte d’aspirazione non utilizzate
  • Posa di tubi drenanti sotto l’edificio
  • Realizzazione di pozzetti interni o esterni all’edificio per pressurizzazione oppure, al contrario, depressurizzazione del vespaio o del suolo sottostante l’edificio

Utili indicazioni sull’applicazione di tali tecniche sono presenti nel già citato documento:”Linee guida per la prevenzione delle esposizioni al gas radon in ambienti indoor” .

Come si misura la concentrazione di radon in un ambiente?

La scelta del metodo di misura (tecnica, durata e condizioni di misura) dipende dallo scopo e dalle informazioni che si desiderano ottenere:

  • per la valutazione dell’esposizione delle persone in un luogo di lavoro è necessaria una misura di durata annuale, eventualmente ripetuta;
  • per valutare la concentrazione di radon in un’abitazione è consigliabile una misura almeno di qualche mese, nella stagione invernale, in normali condizioni d’uso e di ventilazione, almeno un punto di misura al piano più a contatto con il terreno, uno nella zona giorno e uno nella zona notte;
  • per valutare l’efficacia di un risanamento è utile integrare tecniche diverse: dopo misure di breve durata è necessario verificare i risultati anche con misure di lunga durata.

L’impostazione delle misure e l’interpretazione dei risultati devono tenere conto dei molteplici fattori che possono influenzare la concentrazione di radon in un locale.

Infatti la concentrazione di radon in un ambiente dipende dalle caratteristiche idrogeologiche del suolo e dalle caratteristiche costruttive dell’edificio e del locale, ma anche da altri fattori contingenti: temperatura, pressione atmosferica, umidità e polverosità, condizioni meteorologiche, ventilazione dei locali, differenza di temperatura e di pressione tra ambiente interno ed esterno.

Esempio di andamento orario della concentrazione di radon in un locale, con la tipica fluttuazione giorno-notte:

In uno stesso ambiente la concentrazione di radon è soggetta a fluttuazioni orarie e stagionali dovute alle variazioni di tutti questi fattori.

Per questo sono consigliabili misure di durata abbastanza lunga da mediare su queste variazioni.

A chi rivolgersi per le misure?

TONISSIPOWER tramite partner selezionati può fornire servizi per la misurazione dei livelli di Radon oltre che interventi di manutenzione dove essi risultino superiori ai limiti di legge sia in ambienti residenziali che lavorativi.

E’ fortemente consigliabile che le misure vengano eseguite da laboratori in grado di garantire il rispetto di determinati requisiti, non solo nel caso di luoghi di lavoro, ma anche nel caso di ambienti residenziali.

 

fonte: arpalombardia.it